OIES Talk. Luca Pravadelli, Head of GroupM ESP Italy: “Gli Esports sono un’opportunità per le aziende che stanno migrando dalla parte fisica a quella virtuale “

Nell’ intervista rilasciata nell’ambito dello scambio di idee tra i membri dell’OIES, il capo della divisione GroupM ESP in Italia indica un interessante punto di vista sul ruolo dei centri media nello sviluppo degli Esports, e su quali sono le opportunità per le aziende che vogliono investire nel settore

di Lorenzo Baletti

Quali sono i progetti di esports che state concependo in questo periodo per favorire l’incontro delle aziende con la Generazione Z?

Tutte le aziende stanno guardando agli Esports non solo per intercettare la generazione Z, ma per entrare in generale nel gaming, un mondo che sta crescendo in modo esponenziale.

Funziona come negli sport tradizionali: chi gioca ai videogiochi, poi tende a guardare anche chi li pratica. Come chi gioca a calcio, guarda le partite in televisione.

Il ruolo di GroupM è di tipo consulenziale, il nostro lavoro è quello di consigliare ai clienti il progetto giusto: sugli Esports non abbiamo un progetto singolo, ma stiamo facendo un lavoro di scouting per far incontrare le varie anime digital e fisiche delle aziende, sfruttando momenti come Games Week, Lucca Comics, e altre fiere di settore.

In questa fase tutte le aziende hanno spostato l’attenzione dal reale al virtuale: questo spostamento dall’off all’online, può ulteriormente spingere la crescita degli Esports?

Sì, ma non credo che sia direttamente proporzionale. La crescita degli Esports è legata alla qualità di gioco.

E’ diventato un prodotto molto più interessante, possiamo interagire con gli amici e gli altri giocatori, il mondo del gaming si è talmente evoluto che è diventato bello, dinamico.

Credo che gli Esports possano essere un buono sbocco per tutte quelle aziende che stanno migrando dalla parte fisica a quella virtuale. 

In funzione dei brand con cui voi siete in contatto, quale categoria ritiene essere più idonea ad investire in questo ambito?

Non credo ci sia una categoria, si tratta di potersi adattare e comunicare nel modo corretto rispetto alla platea che abbiamo di fronte.

Tutto il mondo digitale ha la fortuna di sapere con chi sta parlando, dobbiamo solo veicolare il messaggio giusto: che sia un prodotto alimentare, automotive, entertainment, o health care, l’importante è saper adattare la comunicazione contestualizzandola al pubblico degli Esports.

Quali sono le minacce a cui questo nuovo movimento deve guardarsi?

E’ un tema molto delicato e complesso. Si parla di cyberbullismo, di rischio di isolarsi da parte di chi pratica Esports.

Il problema più grande è che c’è un’identità nascosta nei player e negli utenti online, le persone possono nascondersi dietro a un’identità virtuale, protetti da uno schermo e si sentono spesso liberi di esprimere opinioni senza filtri, andando ben oltre la soglia del consentito.

Ci sono rischi, ma come in tutte le situazioni: anche a scuola ci sono rischi, anche negli sport tradizionali si nascondono piccole minacce. Come in tutte le cose basta non esagerare, il mondo online non è pericoloso se affrontato in modo responsabile. Negli esports  è tutto molto evidente poiché tutto immediatamente fruibile e amplificato.

Quali sono le sinergie che gli sport tradizionali e gli esports possono sviluppare?

Assolutamente ci possono, e ci devono essere, delle sinergie. Bisogna distinguere tra sport giocato e sport fruito: nello sport fruito parliamo di entertainment, quindi assolutamente c’è una forte sinergia.

Tanto più l’evento è bello da vedere, tanto più il mio pubblico ne è interessato. Ma anche nello sport giocato ci sono sinergie: in termini di allenamento, impegno, preparazione psicologica.

La forma mentis è uguale per tutti, l’impegno è lo stesso per chi pratica sport, o Esports, a livello professionale. Sono atleti anche i giocatori di Esports.

Ritiene che il networking tra gli stakeholder possa essere uno strumento utile alla crescita del sistema?

Certamente, anche se la parte di networking è un pochino diversa rispetto a quella tradizionale.

C’è bisogno di eventi fisici in Italia, adesso ce ne saranno alcuni, come la Games Week, che sono fondamentali.

Il confronto tra i vari stakeholder è importante sempre, devono esserci momenti di incontro per capire le esigenze e raggiungere l’obiettivo comune.

Il settore ha dimostrato negli ultimi anni un trend di crescita significativo, per quanto tempo crede possa durare?

L’Italia è ancora particolarmente acerba sotto questo punto di vista, quindi mi aspetto una crescita ancora abbastanza rilevante.

Non siamo arrivati all’apice. Per il mercato italiano prevedo una crescita continuativa per i prossimi cinque anni circa.

Questo momento particolare e la forte digitalizzazione che ne deriva ha dato la possibilità agli Esports di farsi vedere ed emergere, e ha contribuito a renderli mediatici. Sono state solidificate le basi, ora tutti hanno coscienza di cosa sono gli Esports.